Avere delle maschere è normale. 

Come coltivare il sé autentico.

Maschere, parti, strategie di sopravvivenza

Che tu le chiami maschere, parti, sub-personalità, strutture di protezione, bambin* interiori o semplicemente “strategie”… il punto è che ci sono. In ognuno di noi. Sono pezzi di identità che si sono formati per affrontare qualcosa. E non è patologico, né sbagliato: è normale. È umano.

Dentro di noi convivono parti diverse che si attivano in contesti diversi. Alcune più visibili, altre più sottili. Alcune ci piacciono e le riconosciamo, altre le abbiamo nascoste così bene che a volte ci sembrano nemiche. Ma tutte hanno avuto un senso, tutte hanno cercato di proteggerci in qualche momento della vita.

Il vero problema non sono le maschere

Il punto non è smascherarsi a tutti i costi. Il problema arriva quando una parte di noi è così ferita da non potersi più esprimere. E allora nasce un’altra parte che la difende. O meglio: la copre, la tiene nascosta, la rende “presentabile”.

Il paradosso è che spesso pensiamo di star nascondendo il nostro sé, ma non è così. Il sé autentico non ha bisogno di nascondersi, perché il sé non è né la parte ferita né la difesa. Il sé è la coscienza che osserva tutto questo, la parte capace di scegliere consapevolmente quale voce far parlare, quale bisogno ascoltare. Il sé è chi coordina, non chi combatte.

Quando la motivazione diventa una maschera

C’è una cosa importante da dire sul coaching motivazionale. Funziona. Ma funziona solo se non viene usato per saltare dei passaggi. Perché a volte capita questo: la motivazione viene usata per potenziare una parte che ci fa funzionare bene, ci fa sentire forti, centrati. Ma se quella parte nasce da una vergogna profonda per un’altra parte di noi – una parte che ancora non abbiamo accettato – allora anche la motivazione può confermare l’idea che “solo se mi comporto così, valgo”.

Così crescono insieme: la parte che performa bene e quella che resta sepolta, ancora giudicata, ancora nascosta. Il rischio è che la persona inizi a vivere una vita che funziona fuori ma che dentro le sembra una bugia. Perché se l’energia arriva da una parte che deve nascondere un’altra, prima o poi il sistema crolla.

Cosa succede se invece…

…se invece quella parte ferita viene vista. Non analizzata in modo freddo. VISTA. Compresa per ciò che è: una strategia che un bambino ha creato per sopravvivere. E qui ti chiedo una cosa: prova a pensare a un bambino. Non tu da bambino. Immagina di vedere un bambino in un parco. Ha sei, sette anni, magari anche meno. Sta cercando in qualche modo di farsi vedere, di attirare attenzione, o di proteggersi da qualcosa. Magari è un po’ goffo, magari è arrabbiato, magari ride troppo forte. Lo guardi e non pensi “che schifo, che imbarazzo”. Pensi che quel bambino sta solo facendo del suo meglio.

Ecco, è lo stesso sguardo che non riusciamo a rivolgere a noi stess*. Spesso chi arriva in percorsi come il mio è una persona empatica, capace di essere un genitore meraviglioso per gli altri, ma durissima con sé stess*. Questa è la vera frattura: la mancanza di empatia interna.

Lavorare sulle parti senza distruggerle

Nei percorsi che faccio con le persone non si tratta mai di “eliminare” una parte. Non siamo qui per guarire, nel senso classico. Siamo qui per guardare. E quando guardiamo davvero, senza giudicare, le cose cambiano. Lo dico con molta chiarezza: se il lavoro che fai su di te ti lascia distrutt*, allora stiamo sbagliando strada. Se finisci per sentirti peggio, non è trasformazione. È colpa. È giudizio. Ed è l’opposto di quello che serve.

Il cambiamento vero arriva quando accetti che alcune delle tue parti sono nate in un tempo in cui non avevi le risorse di oggi. Hanno fatto il possibile. E oggi puoi scegliere cosa tenerle a fare. E puoi anche dire: grazie, ma non mi serve più questa protezione.

Perché con me funziona così

Io lavoro così. Non solo perché ho studiato tecniche efficaci, ma perché ho un’esperienza personale forte, e delle caratteristiche che mi permettono di accogliere davvero. Non ti giudico, anche se parli delle tue parti peggiori. E ti sorprenderà: anche quando tocchiamo le ferite, il mio accompagnamento non ti lascia a pezzi. Non deve. Perché se lo fa, allora stiamo fallendo. E io questo non lo permetto.

Quello che accade, invece, è che inizi a sentirti più legger*, più integrat*, più centrato. Agisci dal sé. Usi le maschere quando ti servono. Non sei più schiav* delle parti. Sei tu a scegliere.

Sono Elena, dottoressa in psicologia, coach e counsellor certificata. Accompagno persone sensibili, intense, con relazioni difficili alle spalle, nel riscoprire i propri confini e il proprio centro.

Se senti che è il tuo momento, possiamo parlarne: ti offro una prima chiacchierata gratuita, senza impegno. Basta contattarmi.

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