(e ti sembra impossibile restare calmo e lucido)
Ti è mai capitato di voler dire qualcosa di importante… ma appena inizia il confronto, ti blocchi? Oppure inizi a piangere, alzi la voce, ti chiudi nel silenzio o esci sbattendo la porta?
Quello che stai vivendo si chiama emotional flooding — in italiano potremmo tradurlo come “inondazione emotiva”. È una reazione del tuo sistema nervoso, non un difetto di carattere. E sì, può sabotare anche le conversazioni più semplici.
Cosa vuol dire essere triggerati?
Essere triggerati significa che qualcosa (una parola, un tono, un gesto) ha acceso dentro di te una reazione automatica, come se si fosse premuto un tasto.
Non stai più reagendo alla situazione presente, ma a qualcosa di più profondo: un ricordo, una ferita, un vecchio schema.
Se vuoi approfondire questo punto, ti consiglio di leggere l’articolo “La regola dei 90 secondi”https://elenapalumbo.com/2025/04/24/la-regola-dei-90-secondi-cosa-succede-alla-tua-mente-quando-viene-triggerata/ dove spiego come funziona il nostro cervello quando si attiva un’emozione intensa.
Perché in quei momenti non riesci a comunicare come vorresti?
Quando sei emotivamente inondato, il tuo corpo entra in modalità sopravvivenza: lotta, fuga o congelamento. Se vuoi approfondire leggi “Conosci il tuo Stress” https://elenapalumbo.com/2025/03/06/come-ridurre-lo-stress/ .
In pratica, il cervello decide che non è più il momento di ragionare o parlare bene. È il momento di proteggerti.
Ecco cosa succede:
- Il linguaggio si blocca. Le aree del cervello che ti aiutano a spiegarti si spengono.
- Ti senti travolto: la mente corre veloce, il cuore batte forte, magari senti un nodo in gola o lo stomaco chiuso.
- Reagisci in automatico, spesso con vecchi schemi: urli, scappi, ti chiudi.
Non sei tu “da adulto” che sta rispondendo. È la tua parte ferita, quella che vuole solo smettere di soffrire.
Esempio:
Martina è in una discussione con il suo compagno. Vuole solo dire che si è sentita trascurata quel giorno. Ma quando lui le risponde “Non ho fatto niente di male”, sente una fitta nello stomaco, si irrigidisce, e scatta: “Come al solito, non capisci mai niente!”.
In quel momento, Martina non sta parlando da adulta. Sta reagendo a tutte le volte in cui da bambina si è sentita ignorata.
Cosa puoi fare invece?
1. Accorgiti che sei in flooding
Il primo passo è riconoscere: “Ok, non sto reagendo solo a questa situazione. Sono triggerato/a.”
Fermati. Respira. Non cercare di continuare la conversazione in quel momento.
Dire qualcosa tipo:
“Mi sto sentendo sopraffatto/a. Ho bisogno di una pausa, ma voglio tornare su questo più tardi.”
Può sembrare strano all’inizio, ma è una delle cose più sane che puoi fare.
2. Usate un “patto di pausa e ritorno”
Se vivi una relazione (romantica, familiare, professionale), può essere utile avere un piccolo accordo:
“Quando uno di noi si sente troppo attivato, può chiedere una pausa. Ma poi torniamo a parlarne quando ci sentiamo più calmi.”
Questo permette di evitare reazioni impulsive e creare fiducia.
3. Torna da una parte regolata di te
Quando ti sei calmato, chiediti:
- “Cosa volevo davvero dire?”
- “Cosa stava succedendo dentro di me?”
- “Posso comunicare questo con più gentilezza e chiarezza?”
Esempio:
Dopo essersi calmata, Martina torna dal suo compagno e dice:
“Mi sono sentita ignorata oggi. Non è colpa tua, ma ho bisogno di dirlo. Mi fa male sentirmi invisibile.”
Questa è comunicazione dalla parte adulta, non dalla parte ferita.
Non servono argomenti migliori. Serve regolazione.
Molte persone pensano che per comunicare bene servano le parole giuste. Ma in realtà, serve prima di tutto uno stato emotivo giusto.
Non puoi spiegare bene cosa provi se sei in panico, in rabbia, o in chiusura.
Imparare a regolarti emotivamente è una forma di amore. Per te stesso e per chi ti sta accanto.
Conclusione: imparare a fermarsi è potere
Comunicare quando sei triggerato non è impossibile… ma non puoi farlo nello stesso momento in cui sei travolto.
Prenderti una pausa, fare due respiri, tornare con intenzione: questo è ciò che crea connessione autentica.
E ricorda: non sei solo/a. Tutti abbiamo parti ferite che ogni tanto “prendono il microfono”.
Lavorare su di te non vuol dire eliminarle, ma imparare a riconoscerle e a non lasciare che guidino la conversazione.
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Nel mio lavoro come coach e counselor, ti accompagno proprio in questo: trovare parole nuove per raccontare te stesso, anche nei momenti difficili.
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