Mettere confini chiari e sani nelle relazioni non è mai semplice per tutti. Spesso, questa difficoltà non nasce solo da una predisposizione personale, ma da un intreccio complesso di esperienze vissute che segnano profondamente il modo in cui impariamo a stare con noi stessə e con gli altri.
Dietro la difficoltà a mettere confini: un vissuto spesso poco riconosciuto
Molte persone che fanno fatica a dire “no” o a riconoscere i propri limiti portano dentro di sé un vissuto di responsabilità eccessiva verso gli altri, una sorta di “parentificazione” emotiva o pratica. Non si tratta solo dei classici ricordi d’infanzia, ma anche di un insieme di esperienze ripetute nel tempo, in diversi contesti, che insegnano implicitamente a mettere i bisogni altrui prima dei propri.
Esempi di vissuti comuni
• Parentificazione emotiva o pratica: chi da bambino ha dovuto prendersi cura di un fratellino più piccolo, o addirittura dei genitori stessi, spesso sviluppa un senso di responsabilità precoce che complica il riconoscimento dei propri confini. Non si trattava solo di aiutarli, ma di assorbire ansie, paure o frustrazioni altrui, a volte diventando un “adulto in miniatura” nella famiglia.
• Bisogni degli altri al centro: chi è cresciuto in famiglie dove manifestare bisogni o emozioni personali era considerato “egoista” o pericoloso, impara presto a zittirsi per mantenere la pace o evitare il conflitto. Può trattarsi anche di famiglie molto controllanti, in cui l’amore sembrava condizionato all’obbedienza o al sacrificio.
• Esperienze di silenzi o rifiuti: chi ha sperimentato che dire “no” o chiedere spazio portava a rifiuti, sguardi gelidi, abbandono emotivo o fisico, può sviluppare la convinzione che mettere confini significhi rischiare di perdere gli altri.
• Dinamiche di potere e manipolazione: anche esperienze adulte di relazioni tossiche, dove l’altro manipola la sensazione di colpa per mantenere il controllo, lasciano tracce profonde. Qui il confine si dissolve perché il senso di sé viene continuamente messo in discussione.
• Ambienti lavorativi o sociali stressanti: dover rispondere sempre alle richieste degli altri per timore di perdere il lavoro o l’accettazione sociale contribuisce a consolidare meccanismi automatici di evitamento del conflitto e di negazione dei propri bisogni.
• Aspettative culturali o di genere: in molte culture o contesti familiari, il ruolo attribuito a certi individui è quello di “prendersi cura”, “essere disponibili”, “non disturbare”. Queste aspettative possono mettere un ulteriore peso sul confine personale.
Dove finisco io e dove inizi tu?
Tutte queste esperienze, spesso intrecciate, creano una confusione profonda sul confine tra sé e l’altro. Chi vive queste dinamiche si trova spesso a chiedersi: “Dove finisco io e dove inizi tu?” Il confine diventa sfumato, incerto, e questo genera una continua messa in discussione di sé.
Questa mancanza di chiarezza è accompagnata da sentimenti di:
• Senso di colpa: perché prendersi spazio sembra egoista o sbagliato.
• Vergogna: per aver bisogno di attenzioni o per sentirsi “pesanti”.
• Paura: di perdere l’affetto, il lavoro, la relazione se si dice no.
• Confusione: su quali siano davvero i propri bisogni e dove inizino quelli altrui.
Non sono solo esperienze di infanzia
Importante sottolineare che queste difficoltà non derivano solo da esperienze infantili o familiari. Anche eventi successivi nella vita, come relazioni sentimentali, amicizie, ambienti di lavoro o momenti di stress intenso, possono consolidare o risvegliare questi schemi. Non è mai “troppo tardi” per iniziare a riconoscere e lavorare su questi vissuti.
Perché non avere confini è pericoloso
La mancanza di confini non è solo una sfida personale, ma ha un impatto reale sulle relazioni e sul benessere. Senza confini chiari:
• Le relazioni diventano sbilanciate e faticose.
• Si rischia di sentirsi usati, invisibili, o di allontanarsi emotivamente dagli altri.
• Si sviluppa un senso di solitudine interiore, perché non si è mai davvero sé stessi né completamente vicini agli altri.
• La stanchezza emotiva e il malessere aumentano, con conseguenze anche fisiche.
Conclusione
Capire da dove nasce la difficoltà a mettere confini è il primo passo per liberarsene. È un lavoro di consapevolezza, di riconoscimento del proprio vissuto e delle emozioni che vi si legano. Non è un percorso semplice, ma è possibile iniziare a definire confini autentici e rispettosi, che proteggano e valorizzino chi siamo realmente.
Se ti rispecchi in queste parole, ricorda che non sei solə e che chiedere supporto – come un percorso di counselling – può davvero fare la differenza. La libertà di dire “no” e di chiedere spazio è un atto di cura profonda verso te stessə, e da lì nascono relazioni più sane, autentiche e appaganti.
Sono Elena, dottoressa in psicologia e coach & counsellor certificata. Ti aiuto a dare spazio a quello che senti, senza doverti più tagliare a metà per essere accettatə.
Se desideri iniziare questo percorso o hai qualsiasi domanda, non esitare a scrivermi.