Memoria implicita: quando il corpo ricorda prima della mente

Memoria implicita: quando il corpo ricorda prima della mente

Ogni volta che provi un’emozione, non la vivi solo “nella testa”.

Un’emozione è una reazione complessa che coinvolge il cervello, il sistema nervoso e il corpo. Quando succede qualcosa — che sia bello o brutto — il cervello manda segnali a tutto il corpo: cambia il battito cardiaco, la respirazione, la tensione dei muscoli. Questa combinazione di cambiamenti è la parte “fisica” dell’emozione.

Per esempio, se hai paura, l’amigdala — una parte del cervello che funziona come un rilevatore di pericoli — manda un segnale al corpo: accelera il cuore, aumenta il respiro, i muscoli si preparano a reagire. Questo succede anche se il pericolo non è reale ma solo percepito.

Il punto è che il corpo non fa una distinzione logica tra ciò che è “pericoloso adesso” e ciò che ti ricordaqualcosa di pericoloso vissuto in passato. Se un’esperienza si ripete più volte — soprattutto quando sei piccolo — il tuo sistema nervoso “impara” a reagire nello stesso modo ogni volta che succede qualcosa di simile.

La memoria delle emozioni

Questa “memoria” non funziona come quella che usi per ricordare una data o un nome. Non è nella parte razionale del cervello, ma nelle connessioni tra sistema nervoso, ormoni e sensazioni fisiche. È quello che in psicologia chiamiamo memoria implicita: ricordi che non puoi raccontare a parole, ma che il corpo conosce bene.

Le ricerche dimostrano che alcune emozioni si attivano nello stesso modo in tutte le culture (cross-culturale significa proprio questo: che accade in persone di paesi e culture diverse). Per esempio, la rabbia tende ad attivare il petto e le braccia, la paura il petto e lo stomaco, la felicità tutto il corpo con una sensazione di calore. Non importa dove vivi o come sei cresciuto: certi schemi di risposta sono universali, perché sono collegati alla nostra biologia.

Un esempio semplice

Immagina un bambino che a scuola prova a partecipare in classe e viene regolarmente ignorato o interrotto dall’insegnante. Non è un’umiliazione diretta, non ci sono insulti: semplicemente, la sua voce non viene accolta. Ogni volta che succede, prova un piccolo dispiacere, una stretta allo stomaco, una sensazione di “inutile” o “invisibile”.

Se questa esperienza si ripete settimana dopo settimana, anno dopo anno, il corpo memorizza quella combinazione di sensazioni e di emozione. Col tempo, basta che in una riunione di lavoro qualcuno lo interrompa per riattivare quella vecchia reazione: lo stomaco si chiude, il cuore accelera, e insieme arriva la sensazione di non avere voce.

Perché si riattiva

Anni dopo, basta che una situazione ricordi vagamente quel tipo di rifiuto per far partire la stessa reazione: il corpo accelera il battito, la gola si chiude, arriva la stessa sensazione di allora. Anche se oggi sei adulto e capisci razionalmente che non c’è pericolo, il corpo sta ancora reagendo al ricordo implicito di quella ferita.

Questa reazione non nasce “dal nulla”: è il risultato di un apprendimento emotivo. Il sistema nervoso ha collegato quella sensazione fisica a un messaggio preciso su di te, e quel messaggio con il tempo diventa una vera e propria credenza.

Qui nasce lo script

Quando questa associazione tra sensazione fisica ed emozione viene rinforzata per anni, comincia a formarsi una storia interna su chi sei e cosa meriti. Nell’esempio del bambino, il messaggio implicito diventa: “Non sono degno di amore”. Non lo pensa a parole, ma lo sente come verità.

Questa storia, in Analisi Transazionale, si chiama script: un copione di vita inconscio che guida come interpreti le esperienze. E nel momento in cui una situazione di oggi riattiva quella vecchia ferita, lo script si accende e l’emozione diventa molto più intensa.

Di questo parlerò nel prossimo articolo: come si forma lo script.

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