Quante volte ti sei trovatə a dire: “Basta, da oggi non permetto più a nessuno di parlarmi così”, e il giorno dopo sei di nuovo lì, intrappolatə nella stessa dinamica? È normale sentirsi frustratə: sembra di provare a mettere confini, ma le persone continuano a calpestarli.
La verità è che, se resti delusə ogni volta che qualcuno non rispetta quello che chiedi, probabilmente non stai mettendo un vero confine, ma stai facendo una richiesta di cambiamento all’altro. E lì la delusione è inevitabile.
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L’errore comune
Molti confondono i confini con gli ordini o i divieti.
Esempi tipici:
• “Non urlarmi contro.”
• “Non parlarmi in quel modo.”
• “Devi rispettarmi.”
Sembra un confine, in realtà è una speranza che l’altro si comporti diversamente. Ma tu non hai nessun controllo sull’altro. Se quella persona decide di continuare a urlare, tu rimani senza strumenti, bloccata tra la rabbia e la frustrazione.
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Il problema
Quando pensi che i tuoi confini dipendano da come si comporta l’altro, stai consegnando all’altro il potere di farti stare bene o male.
Risultato?
• Resti in balia di situazioni che ti feriscono.
• Ti senti impotente.
• Ogni “confine non rispettato” diventa un fallimento personale.
E così inizi a convincerti che “i confini non funzionano”. Ma il problema non sono i confini: è il modo in cui li stai impostando.
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La verità su un confine sano
Un vero confine non ha a che fare con cosa deve fare l’altro, ma con cosa scegli di fare tu.
È un limite che tu puoi mettere in atto, senza bisogno che l’altro cambi.
Un confine sano dice: “Se succede X, io reagirò in questo modo per proteggermi”.
Non è controllo, è responsabilità personale.
Esempio:
• Non: “Smettila di parlare sopra di me”.
• Sì: “Se continui a parlare sopra di me, io interrompo la conversazione e la riprendiamo un altro momento”.
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Esempi pratici
Per capire la differenza, guarda questi casi:
• Situazione: partner che alza la voce.
• Non confine: “Non urlare”.
• Vero confine: “Se alzi la voce, io interrompo la conversazione e mi allontano.”
• Situazione: amicə che ti chiama solo quando ha bisogno.
• Non confine: “Smettila di usarmi”.
• Vero confine: “Se mi cerchi solo per un favore, io scelgo di non essere disponibile in quel momento.”
• Situazione: collega che ti scarica sempre lavoro extra.
• Non confine: “Non puoi darmi sempre tutto da fare.”
• Vero confine: “Ho tempo solo per X. Il resto dovrà essere fatto da qualcun altro.”
Il punto chiave è che un confine deve sempre essere qualcosa che tu puoi fare davvero e che sei dispostə a mantenere, non un desiderio che l’altro cambi.
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Perché è così difficile
Sapere la teoria non basta: mettere in pratica confini sani è complesso. Per due motivi principali:
• Nessuno ce lo ha insegnato.
In molte famiglie e scuole non si parla mai di confini emotivi. O ti hanno insegnato ad adattarti, o a ribellarti. Raramente a dire: “Questa è la mia linea e io la rispetto per primo/a.”
• Entrano in gioco emozioni forti.
Vergogna (“Forse sto esagerando”), senso di colpa (“Se dico di no ferisco l’altro”), paura (“E se mi abbandona?”).
E poi il dubbio che logora: “Sono io il problema o sono loro?”
Questo ti porta a mettere in discussione te stessə ogni volta, invece di agire con chiarezza.
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Conclusione: protezione, non controllo
Un confine emotivo sano non è un muro, non è controllo sull’altro, e non è nemmeno un capriccio.
È una scelta chiara e praticabile che ti protegge dalle dinamiche che ti fanno male.
La vera difficoltà non è solo smettere di dubitare di sé, ma imparare a mettere in discussione quelle credenze che tengono viva la vergogna, il senso di colpa e la paura. Perché finché restano lì, ogni tentativo di mettere confini continuerà a sembrarti sbagliato o troppo.
Mettere confini sani significa anche sfidare quelle convinzioni interiori che ti fanno sentire “egoista” se ti proteggi, “cattivo” se dici no, “debole” se hai paura. È da lì che inizia un cambiamento reale: non nel cambiare chi hai davanti, ma nel liberarti da ciò che ti tiene intrappolato dentro.
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Se quello che hai letto ti risuona, sappi che non sei solo.
Molte persone sensibili e intense si trovano a oscillare tra due estremi: lasciarsi travolgere dagli altri o chiudersi del tutto. In entrambi i casi, i confini non portano sollievo, ma ulteriore fatica.
Nel progetto SOS Boundaries accompagno chi vive queste difficoltà a distinguere tra confini di controllo e confini di protezione. È un lavoro concreto, che ti aiuta a riconoscere le emozioni che ti bloccano, a smettere di mettere in discussione te stessə e a costruire limiti che puoi davvero rispettare.