Il dolore non accolto

Ti sei mai resə conto che in certe relazioni c’è uno sbilanciamento costante?

Tu ci sei per l’altro, lo ascolti, lo accogli, lo sostieni. Ma quando sei tu a stare male, quella reciprocità non arriva. Sembra che il tuo dolore non trovi mai davvero spazio.

La sensazione che ne deriva è chiara: nessuno può accogliere quello che sento io. E questo porta a un dubbio silenzioso ma devastante: sono io che non so farmi vedere o sono gli altri che non vogliono vedermi?

Quando inizi a credere cose sbagliate sul tuo dolore

Il punto non è solo la disponibilità dell’altro. Spesso è anche il modo in cui tu stesso ti muovi dentro il tuo dolore.

Puoi aver capito che “bisogna mostrare vulnerabilità” — lo leggiamo ovunque. Ma come si fa, davvero?

Per chi non ha mai avuto uno spazio sicuro in cui il dolore veniva accolto, la vulnerabilità non è un gesto spontaneo.

Se dentro di te ci sono credenze radicate come:

“se mostro il mio dolore mi perdo e faccio perdere anche gli altri”

“il mio dolore non ha un evento preciso, è troppo difficile da spiegare, nessuno lo capirebbe”

“sono io che sbaglio, se lo dico mi daranno la colpa”

…allora è quasi naturale che tu scelga di metterlo da parte e mostrare solo la parte “accettabile”: quella che funziona, che regge, che non pesa sugli altri.

L’effetto sulle relazioni

Così, senza accorgertene, dai all’altro l’impressione che tu non abbia bisogno di nulla.

E a quel punto le relazioni diventano inevitabilmente sbilanciate: tu ascolti, tu accogli, tu sostieni. L’altro si abitua a ricevere, ma non impara mai ad esserci per te.

Il problema vero, però, è un altro: se continui a nascondere quella parte di te, non saprai mai se l’altro non ti accoglie perché non può… o semplicemente perché non gli hai mai permesso di farlo.

Resti nel dubbio: è la persona che non sa reggere il tuo dolore, o sei tu che non lo mostri?

E se ci fosse spazio per la vulnerabilità?

Mostrare vulnerabilità non significa buttarsi a caso. Significa prima conoscere il tuo dolore, riconoscerlo come una parte di te, ma non come tutta la tua identità.

Non sei un buco nero, non sei solo quel dolore: è una parte importante della tua esperienza, che può essere comunicata senza paura di annullarti.

La differenza sta qui: se non sai cosa ti serve davvero, non saprai nemmeno come comunicarlo.

Hai bisogno che non ti giudichi?

Che non si preoccupi troppo?

Che ti ascolti senza darti soluzioni?

Se non chiarisci prima a te stessə di cosa hai bisogno, come può l’altro capirlo?

In conclusione

Il dolore non accolto non scompare: plasma le relazioni, le sbilancia, le rende disfunzionali.

Eppure il primo passo non è “trovare la persona giusta” che ti capisca al volo, ma imparare tu a riconoscere e a dare voce al tuo dolore.

Solo così puoi capire chi, dall’altra parte, è davvero in grado di accoglierti.

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@sosboundries - Elena Palumbo
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