C’è chi da bambinə ha imparato presto che piangere non serviva.
A volte non c’era nessuno ad accogliere il dolore; altre volte le lacrime peggioravano la situazione. Così il corpo ha trovato un altro modo per sopravvivere: spegnere quella parte che sentiva troppo, per evitare di ferirsi ancora.
Se ti è capitato di trattenere un pianto perché sapevi che non sarebbe cambiato nulla, o che avresti ricevuto rabbia o disprezzo al posto di conforto, potresti aver conosciuto, senza saperlo, il terreno in cui nasce la dissociazione.
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Che cos’è la dissociazione
La dissociazione è un meccanismo di protezione che il cervello usa quando un’emozione, un pensiero o una sensazione diventano troppo dolorosi o pericolosi da sostenere. Non è pigrizia o freddezza: è il modo in cui il sistema nervoso dice “ti tengo al sicuro”.
In pratica, per continuare a funzionare, alcune parti della nostra esperienza vengono “spente” o allontanate dalla coscienza.
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Come nasce nell’infanzia
Quando un ambiente non sa accogliere il dolore di un bambino, o reagisce con punizione, sarcasmo o indifferenza, il messaggio implicito è che esprimere emozioni è inutile o rischioso.
“Piangere non serviva”, quindi il corpo ha imparato a ridurre il segnale emotivo, a scollegarsi da rabbia, tristezza, paura.
È un adattamento intelligente: il piccolo trova il modo di sopravvivere e di mantenere almeno un minimo di stabilità in un contesto che non lo protegge.
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Le conseguenze nell’età adulta
La strategia che un tempo ha salvato, nell’età adulta può diventare un ostacolo.
Chi si è dissociato spesso fatica a nominare ciò che prova: “non so mai cosa sento”, “mi sembra di vivere dietro un vetro”.
Il corpo, però, ricorda: tensione muscolare cronica, disturbi del sonno, ansia, problemi digestivi o dolori senza causa apparente possono essere il linguaggio di emozioni mai elaborate.
Anche le relazioni risentono di questa distanza: diventa difficile lasciarsi andare o costruire intimità, perché la parte che sente è rimasta sospesa.
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Tornare a sentire in sicurezza
Riconnettersi alle proprie emozioni richiede tempo e luoghi sicuri. Significa dare al corpo nuove esperienze di accoglienza e stabilità, per insegnargli che oggi non deve più proteggersi nello stesso modo.
Può essere utile iniziare con gesti semplici: nominare quello che si prova (“ora sento…”, “il mio corpo è teso”), scrivere, lavorare con professionisti che conoscono i meccanismi dissociativi.
La dissociazione non è un difetto da correggere, ma una strategia che ha avuto senso in un certo momento. Oggi può essere ringraziata e, piano piano, lasciata andare.
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Conclusione
Quando piangere non serviva, il corpo ha scelto la strada più sicura: dissociarsi.
Quel comportamento, allora necessario, può diventare oggi una prigione invisibile.
Il percorso per tornare a sentire è delicato, ma possibile: un passo dopo l’altro, imparando a riconoscere emozioni e bisogni, con pazienza e sostegno adeguato, è possibile tornare a vivere pienamente dentro di sé.